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Oltreconfini, il primo giornale dei detenuti in edicola

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Si chiama OLTRE I CONFINI – BEYOND BORDERS ed è il giornale realizzato dai detenuti del carcere Sanquirico di Monza e pubblicato dal Cittadino quindi disponibile in edicola. Il progetto nasce durante il laboratorio di narrazione in carcere condotto da Antonetta Carrabs, presidente di Zeroconfini Onlus ( www.zeroconfini.it) un’associazione che opera da diversi anni negli istituti di pena di Sanquirico, Bollate, Opera, ReginaCeli, Rebibbia con iniziative teatrali, di intrattenimento e progetti di poesia. Il gruppo di “giornalisti” di Sanquirico ha dato vita ad una vera redazione formata da 8 detenuti: Andrea, Alberto, Gianni, Fabio, Erminio, Paolo, Farid, Dino. Le rubriche sono brevi racconti, stralci di attualitĂ  e cronaca, qualche poesia, riflessioni sull’arte, ricette, hobbistica, viaggi e tante storie di vita. Il numero dei partecipanti potrebbe variare a causa dell’instabilitĂ  della pena, dei trasferimenti, delle dimissioni. Il giornale contribuirĂ  a consolidare un gruppo che si informa, riflette, elabora cultura. La direzione del carcere ha esteso la partecipazione anche agli altri detenuti dell’istituto: ognuno di loro potrĂ  far arrivare in biblioteca il proprio articolo che sarĂ  valutato dalla redazione e inserito nel prossimo numero del giornale. Oltre i confini sarĂ  traghettato fuori dalle mura con il suo carico di linguaggi ed esperienze che permetterĂ  di collegare la societĂ  libera a quella reclusa. Il carcere è una cittĂ  nella cittĂ  e, come tale, non può essere ignorata. La nascita di un giornale è sempre un evento emozionante e, in questo caso lo è ancora di piĂą perchĂ© svolge un’importante funzione di democratizzazione e di sensibilizzazione. Voltaire diceva che il grado di civiltĂ  di un Paese si misura osservando la condizione delle sue carceri. Gli incontri sono sempre di lunedì dalle 13,00 alle16,00 in biblioteca, dove guidati al confronto dalla Carrabs, i detenuti si raccontano, si interrogano, leggono e scrivono dando vita ai loro articoli. Il direttore del carcere la dottoressa Maria Pitaniello ha supportato e favorito questa iniziativa, fin dal principio, che ha visto anche la supervisione del responsabile dell’area educativa il dottor Carbosiero. Le ragioni per cui nasce un giornale in carcere possono essere molteplici e vanno ricercate nella funzione svolta dalla scrittura in un luogo di costrizione. La parola, la poesia, la narrazione e il loro esercizio possono avere valore autoeducativo e terapeutico, e consentire una sorta di emancipazione anche in una situazione difficile come questa. La parola può aiutare gli animi a riconciliarsi, preparandoli alla riappacificazione con quel mondo dal quale sono stati momentaneamente allontanati. “La parola, qui dentro, diviene paradossalmente un seme di libertĂ . La parola difende e grazia, smontando i pixel di questa irrealtĂ . Ho il mio corpo, lo vedo, come vedo i giorni che trasudano uno dopo l’altro ma, se non avessi la parola, cosa sarei? Un animale che ragiona per colori. Non è che la posseggo, la inseguo, certo, ma a volte fortunatamente l’afferro. E’ mia. “(Da Non è ancora notte di Patrice Sangiorgio Bonaccorso edit.). Durante il laboratorio di narrazione “Parola, liberami!” – afferma Antonetta Carrabs -i detenuti hanno manifestato un forte desiderio di poter comunicare, attraverso la parola, con l’esterno per non perdere il contatto con la realtĂ  e contribuire a rompere i tanti pregiudizi che gravitano sulle persone recluse. “Nel carcere si cerca di sopravvivere, ognuno con il proprio manuale di sopravvivenza: per prima cosa è salvarsi il cervello, altrimenti viene mangiato dall’afasia di questo mondo parallelo fatto da rettangoli e cucito da quadrati, ovunque; la seconda è congelare il cuore. Farlo battere a bassa frequenza altrimenti provoca un suono cupo, troppo forte da contenere per la propria pelle; la terza è difendersi dal condizionamento che è altra cosa rispetto alla rieducazione; la quarta è trattenere la rabbia perchĂ© la galera stanca e sfianca gli animi”

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